mercoledì 26 luglio 2017

12 anni di noi







Abbiamo superato il cotone, la carta, il cuoio; il legno, la seta, lo zucchero, il rame; lo stagno, la ceramica, l'alluminio, l'acciaio. Ed eccoci arrivati al LINO, così delicato e grezzo, così leggero, stropicciato, ruvido,
ma fresco.
12 anni di matrimonio, chi lo avrebbe detto, tra alti, altissimi e qualche tuffo nel vuoto. C'era chi, conoscendomi, pronosticava che non avremmo raggiunto il primo Natale, e invece siamo ancora qui, cresciuti, cambiati, ma con lo sguardo rivolto ancora nella stessa direzione.
Voglio arrivare almeno fino alle nozze d'oro, sappilo. Però stringimi, tienimi stretta a te senza soffocarmi.
Amami, io farò lo stesso con te.
Quanto tempo è passato da quel 23 luglio.
Sembrava tutto facile.
Buon anniversario amore mio.

Piccolo sfogo di una scrittrice sfigata



Che fatica creare, inventare una storia che non esiste e che deve essere originale ma credibile, sobria, non banale, profonda e ironica, non comica, per nulla sdolcinata, che sfiori la linea dell'erotismo senza mai toccarla, che accarezzi la storia presente e supponga quella futura, molto futura e ovviamente distopica ma non troppo, diversa ma non eccessiva, e quanta fatica. Fatica tremenda, notti insonni, voglia di abbandonare perché tanto chi me lo fa fare. Tanto mi leggeranno in quattro, ma chi se ne importa di chi mi leggerà, di chi non mi leggerà, di quanto non guadagnerò un soldo da tutto questo lavoro, mica scrivo per questo! Chi se ne importa di chi prenderà il mio libro in mano, lo sfoglierà e con atteggiamento un po' snob lo rimetterà nello scaffale - chi sarà mai quest'autrice sfigata - ignaro del lavoro che c'è dietro un libro, di quanto ci sia di una persona dentro quelle pagine, di quanto sia intriso di sudore puzzolente e traumi mai superati e idee abbozzate e abortite e rielaborate e di nuovo abortite, quanta rassegnazione c'è dietro ogni mia riflessione trasformata in pensiero scritto, camuffata in romanzo.
La mia vita scorre ma un po' ne rimane lì. Incastrata, tra quelle pagine, immobile e immutata. Come una fotografia che vivrà più di me.
Chissà, forse è per questo che scrivo. Per sopravvivere a me stessa. Chissà se ne vale la pena. O se resterà un modo, non peggiore di un altro, per buttare via il mio tempo.

martedì 11 luglio 2017

Don Chisciotte



Chisciotte. Don Chisciotte. Mio caro amico Don Chisciotte della Mancia, come farò senza di te? Ti ho concluso piangendo. Mi hai fatto compagnia per diversi mesi, affiancando la tua lettura a quella di altri libri, perché non ti si può leggere d'un fiato, la raccolta delle tue avventure va letta lentamente, una per volta, va assimilata, goduta, gustata. 
Sei stato un personaggio impareggiabile, proprio come la bellezza della tua Dulcinea del Toboso che maghi e incantatori avevano tramutato in semplice contadina e tu niente, pur non avendola mai incontrata nella sua originaria bellezza, cocciuto come pochi, fiero e nobile, fedele ai tuoi ideali, hai continuato ad amarla e venerarla. Così come hai amato i tuoi sogni di cavalleria errante, che ti fecero lasciare la tua vita agiata per andare a caccia di avventure. La più famosa, quella dei mulini a vento, ma chi si limita a quella non sa cosa si perde. Don Chisciotte, amico mio, scrivo queste parole con un magone indescrivibile, perché non era la tua storia a commuovere e coinvolgere, eri tu, era la storia di chi vive in un mondo di ideali, e andrà avanti tentando di perseguirli a costo di essere deriso, umiliato, come accadeva a te, a te e al tuo fedele scudiero Sancho Panza; sempre avanti a testa alta, con Ronzinante che si reggeva in piedi per miracolo e un mulo. Ho vissuto le tue notti stellate in preda ai tuoi struggimenti e le grandi russate di Sancho, le vostre litigate, i suoi proverbi che ti davano al cervello e le tue perle di saggezza, nonostante la follia. Piango, perché sono un po' Don Chisciotte anch'io. Però tu sei morto alla mia età, morto di malinconia quando hai capito che ciò in cui credevi non erano che sogni irrealizzabili. La tua Dulcinea incantata, forse - e dico forse perché ho bisogno di credere che non sia così, ancora aspetto il vostro incontro - non era mai esistita. Quelle che scambiavi per castelli, erano locande. I giganti malvagi con cui ti trovasti a combattere, non erano che semplici, banali mulini a vento.
Piango perché mi hai lasciata sola, in questo mondo così piccolo e tristemente vero, mentre vorrei continuare a vivere nelle favole, come te.
Don Chisciotte della Mancia, le cui gesta furono già note quando eri ancora in vita, sei stato il più grande cavaliere errante della storia e anche se so che ti troverò ogni volta in cui ne avrò bisogno tra le pagine di un libro, il dolore per la tua fine è troppo grande.
E anche se Cervantes ha scritto la tua storia per ridicolizzare i vecchi libri di cavalleria, ne è venuto fuori che ci ha fatto innamorare di te.
Amici, non leggetelo, o soffrirete anche voi.