venerdì 11 agosto 2017

Cent'anni di solitudine






Più che la storia in sé, che attraversa cent'anni e diverse generazioni di Aureliani e José Arcadi, più che la prosa di Marquez, di cui non c'è niente da eccepire ma non è nemmeno folgorante, quello che mi ha rapita in questo libro è stata la magia. Non a caso con questo libro Marquez ha gettato le basi per un filone artistico denominato "realismo magico", qualcosa che esisteva prima di lui - ci vivo da quarantadue anni, in questo tipo di realtà - ma che lui per primo ha messo per iscritto, infilandolo in una storia raccontata in maniera cinica, ironica, una storia in cui si respira il coraggio, la voglia di avventura intrisa di nostalgia. Ogni personaggio ha una sua peculiare follia (ne citerò solo alcuni) a partire dal primo della stirpe, José Arcadio, che dopo una vita di esperimenti scientifici impazzisce del tutto e viene legato sotto a un castagno vita natural durante e il cui spettro si ribellerà quando qualcuno, orinando dove un giorno viveva il suo corpo, gli schizzerà sui piedi. O il primo Aureliano che sposa una bambina di nome Remedios, ultima di sette sorelle tutte in età da marito ma lui si innamora di lei, che morirà a quattordici anni con due gemelli intrecciati nel ventre; lo stesso Aureliano che darà inizio a trentadue guerre che perderà in maniera implacabile, che avrà diciassette figli da diciassette donne diverse e che verranno assassinati tutti nella stessa notte. Il secondo Josè Arcadio  che abbandona la famiglia per seguire una zingara che scricchiola al contatto con la sua immensità - i José Arcadio sono tutti grandi e grossi, a differenza degli Aureliani che sono ossuti e con l'aria solitaria - e torna dopo molti anni, concupisce la sorellastra, fidanzata da una vita con un damerino italiano, che lascia senza pietà per concedersi a lui fino alla fine tragica dei suoi giorni. Pilar Ternera, la mezza fattucchiera del paese, che concepisce due figli dai due fratelli, che chiama con gli stessi nomi e consegna al vero mito della storia, Ursula, madre dei primi, nonna dei secondi, bisnonna dei terzi, trisnonna dei quarti Aureliani e José Arcadi (c'è da impazzire)  che alleverà come figli con una forza e una tenacia sovrumana. I gemelli, figli del figlio di non ricordo chi, che si scambiano così tante volte l'identità che alla fine non capiscono più chi sia uno e chi sia l'altro; Remedios la bella, che eredita il nome dalla bisnonna quattordicenne, purissima come una ritardata mentale, desiderata da tutti ma immune alle passioni sale in cielo giovanissima con tutto il corpo. Gli antenati con la coda di maiale, poiché i Buendìa hanno il vizio di accoppiarsi tra consanguinei, come l'ultimo della stirpe. "Perché le stirpi condannate a cent'anni di solitudine non avevano una seconda possibilità sulla terra". Si assiste alla parabola di questa famiglia che nasce quasi timidamente, condotta da un uomo orgoglioso, forte e un po' matto, che cresce, si allarga a dismisura sotto la guida di Ursula, e con la morte di Ursula si rimpicciolisce, si riduce a niente, e come tutta Macondo - che nasce dal nulla, cresce, si evolve e conosce poi la rovina - infine muore.
Questo romanzo secondo me ha un immenso potere: naturalizza la morte. La rende meno spaventosa agli occhi di noi comuni mortali, terrorizzati dall'ineluttabile evento; alla fine muoiono tutti- si muore tutti - giovani, giovanissimi e ultracentenari. Ciò che resta, è ciò che ci ha reso unici.
La morte in questo romanzo è tratta come la vita, perché fa parte della vita, e le anime restano. Conosco il traffico di antenati nelle case, con questo libro ci sono andata proprio a nozze, nonostante la crudezza di certi passaggi che sembra proprio ti prendano a sberle. La magia, che è il sale della mia vita, l'ho ritrovata in un racconto ambientato in un paese immaginario, e mi sono sentita meno pazza, meno sola, forse grazie alla solitudine senza tempo della miriade di personaggi inventati o ricordati da Marquez in questo romanzo.
Senza dubbio uno dei libri più belli che abbia mai letto, uno dei viaggi più incredibili che abbia mai fatto. Al pari, forse, de "Il Maestro e Margherita" di Bulgakov. 
Consigliatissimo a chi vuole riflettere, ridere, soffrire e soprattutto sognare.
Una botta di vita - e di morte :-) - incredibile.

2 commenti:

  1. Mi inchino davanti a una recensione tanto dettagliata e precisa,impastata in un crogiuolo felice di svariate osservazioni psicologiche,emotive,analitiche :) E' indubbiamente un mega-romanzone latino-americano,che lascia un segno profondo in quanti lo leggono. Io mi sono trovato a leggerlo per puro caso,faccio un breve riassunto dell'evento:all'università di Torino,magistero,corso di lingue e letterature straniere,mi ero iscritto a lingua spagnola,come insegnamento libero,ma mi dissero che non potevo dare esami di lingua senza sostenere anche quelli di letteratura;decisi che non avrei studiato letteratura spagnola -ero già alle prese con i mondi letterari inglese e tedesco- e tuttavia optai per una frequentazione meramente conoscitiva del corso di letteratura spagnola,primo anno. Vattelapesca come,la prof mi incluse in un gruppo di ricerca:dovevamo relazionare su Cent'anni di solitudine!A me toccò il riassunto(ancora adesso mi chiedo se non siano state le mie colleghe malignette,nel corso ero l'unico maschio,anzi il secondo,oppure no,se escludo il mio compagno di classe omofilo-ma un omofilo va considerato maschio in senso classico?boh,lascio la sentenza ai dotti)Insomma,mi trovai a dover leggere tutto d'un fiato il libro in questione,e in qualche modo ne rimasi abbagliato,stregato,e,a dire il vero,pure un po'intontito-all'epoca avevo 22 anni (1985). So che le atmosfere latinoamericane del romanzo,grondanti caldo,povertà,passione,fatalismo e morte, mi entrarono dentro- e permangono tuttora,sono soltanto sepolte in qualche dito di polvere,basta uno straccio umido per riesumarle tutte,ancora intatte-. La tua descrizione di Cent'anni di solitudine mi rimanda,mediante un tuffo quantico mentale,molto indietro cronologicamente,fino a quei tempi remoti,e al contempo mi emoziona per la tua capacità di compattare la tua esperienza esistenziale (che io stesso so essere imbevuta di esperienze medianico/paranormal/magiche)con le vibrazioni misteriose che promanano da questo potente romanzo. Sarò anche un profano,un non addetto ai lavori,ma caspita,o perdincibacco che dir si voglia ( :D ),tu,TP,sei la mia descrittrice di libri preferita: io,le tue recensioni,me le centellino come nettare degli Dei liquido.:) Grazie di esserci. Pagel

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  2. p.s. E' eccelsa la tua conclusione:muoriamo tutti,giovanissimi o centenari, ciò che resta è solamente ciò che ci ha resi unici. Pagel

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